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l’aria che forzatamente e velocemente entra nei polmoni ci resta per un tempo che non saprei dire. Il silenzio

è assoluto. Una porta scavata nella roccia incornicia quella che sembra essere una cappella con il tetto a volta,

distante alcuni metri da noi. Al centro, in posizione sopraelevata, una statua di Osiride sembra aspettare con

impazienza chi è in ritardo ad un appuntamento importante.

Vorrei cominciare a correre, oltrepassare quella porta in equilibrio sui detriti, entrare nella cappella e rag-

giungere la statua, illuminarla seguendo il percorso dei miei occhi increduli. Ma il senso di responsabilità ha il

sopravvento e resto al mio posto, conscio del fatto che spetta agli archeologi fare i primi passi e a me seguirli

cercando di disturbare il meno possibile. Senza contare che esiste un problema serio di sicurezza: non cono-

sciamo l’ubicazione dei pozzi funerari e potremmo finirci dentro rischiando un salto che può arrivare anche a

una decina di metri, terminando nella dura roccia.

Si, meglio fare con calma, Osiride è li da decine di secoli, non scapperà proprio adesso. E infatti ci accorgiamo

subito che la posizione sopraelevata della statua è raggiungibile attraverso una scala priva degli scalini, pro-

babilmente già divelti in antichità. Proprio sotto di essi è stato occultato il pozzo funerario, in fondo al quale

sarebbe terminata probabilmente la mia corsa se avessi dato retta all’insano istinto di correre.

L’esplorazione continua e ci permette di capire per intero la struttura. La cappella di Osiride è avvolta da un

corridoio che gli gira intorno, perfettamente percorribile, con i due angoli ortogonali. In uno dei lati del corrido-

io è stata aperta una porta che immette in un’ampia sala perfettamente squadrata, in un angolo della quale è

presente un altro pozzo funerario. I due pozzi sono stati oggetto di un’ispezione preliminare volta a verificare

lo stato di conservazione in cui versano e in futuro saranno al centro di un’accurata attività scavo.

E’ stato un giorno straordinario per me, dove al privilegio di assistere a una scoperta archeologica di grande

rilevanza, si è unita l’emozione di un sogno che si realizza.

Ma non è questo a cui pensavo quella mattina all’alba, quando Sayed Shakespeare mi ha accompagnato all’ae-

roporto di Luxor per tornare a casa, spiegandomi ancora una volta i vantaggi del cambio automatico della sua

nuova macchina e invitandomi a portare con me due giovani ragazze la prossima volta, con cui rifugiarsi nel

Mar Rosso in una casa sul mare che solo lui sa dov’è.

Mentre l’aereo si staccava dal suolo immerso ancora nei colori di una spettacolare alba ho ripensato a quanto

ero stanco, provato. A quanto può essere faticosa una missione di scavo e a quanta pressione Mila e Irene

hanno dovuto sopportare nella gestione quotidiana delle attività, nel rapporto sempre complesso con le auto-

rità locali. Di quanto ci fosse poca poesia nello svegliarsi prima della sveglia puntata alle 5, attendendo chi – tra

©Min-Project. Mila Alvarez Sosa e Irene Morfini durante il sopraluogo del pozzo di Osiride / ph Paolo Bondielli